Pagine letterarie & recensioni

Leonardo Sciascia: “Il giorno della civetta” (prima ed. Einaudi, 1961)

A sessant’anni esatti dalla sua prima uscita questo libro di testimonianza è sempre attuale.

Come può meglio di un siciliano “doc” come Sciascia descrivere i mali atavici della sua meravigliosa terra.
Eppure già all’inizio degli anni ’60 c’erano pochi come lui che denunciavano lo strapotere nel territorio e i legami storici con le istituzioni di una realtà criminale ramificata come la mafia, con cui purtroppo oggi abbiamo ancora a che fare, seppure con diverse forme e subdole trasformazioni. “Il giorno della civetta” vede protagonista un ufficiale dei carabineri giunto dal nord, un uomo che crede negli ideali di giustizia e nei valori di una società democratica e moderna, contro una realtà diffusa di vecchi interessi precostituiti. Risultano emblematici alcuni passi del libro che riportano il discorso di un capomafia accusato dal capitano dei carabineri di essere il mandante di un delitto:

Il capitano Bellodi (nell’interrogatorio a Don Mariano Arena): …
“  –  Ma dalla voce pubblica l’Arena è indicato come capo mafia.
    – La voce pubblica… Ma che cos’è la voce pubblica? Una voce nell’aria, una voce dell’aria: e porta la calunnia, la diffamazione, la vendetta vile… E poi: che cos’è la mafia?… Una voce anche la mafia: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa… Voce, voce che vaga: e rintrona le teste deboli, lasciatemelo dire… Sapete come diceva Vittorio Emanuele Orlando? Vi cito le sue parole, che, lontani come siamo dalle sue concezioni, assumono, dette da noi, più, lasciatemelo dire, autorità. Diceva…
–  Ma la mafia, almeno per certe manifestazioni che io ho potuto constatare, esiste. –  

 – Mi addolorate, figlio mio, mi addolorate: come siciliano mi addolorate, e come uomo ragionevole quale presumo di essere… Quel che, indegnamente, rappresento, si capisce non c’entra… Ma il siciliano che io sono, e l’uomo ragionevole che presumo di essere, si ribellano a questa ingiustizia verso la Sicilia, a questa offesa alla ragione…

[Da Leonardo Scascia, “il giorno della civetta”, Einaudi, 1961, p. 67]

Primo Levi: L’Ultimo Natale di Guerra

Un libro da rileggere oggi soprattutto anche nella giornata del ricordo.

L’Ultimo Natale di guerra è una raccolta di 26 storie “disperse” scritte da Primo Levi tra il 1977 e il 1987, quindi durante l’ultimo decennio della sua esistenza, per diversi giornali-riviste (vedi i racconti dedicati a La Stampa) ed edite per la prima volta postume, a cura di Marco Belpoliti, nel 2000 da Einaudi, collana “Supercoralli”. Qui ai canguri, alle formiche, alle giraffe, ai gabbiani, ai marziani, a dolci fanciulle alate s’intesse anche qualche preziosa considerazione, spesso elaborata ironicamente, sulla nostra società e memorie sia della vita del lager, vissuta con quel 174517 marchiato sull’avambraccio sinistro, sia della vita di bimbo nella mai abbandonata città di Torino. Un doppio registro narrativo, perché, oltre ai testi più autobiografici, vi scorgiamo due direzioni di scrittura del tutto innovative: quella fantastico-kafkiana e quella umoristico-naturalistica. Questo piccolo libricino che, sì, sta all’ombra dell’incommensurabile grandezza dei sicuramente più importanti: “Se questo è un uomo”, “La tregua”,” I sommersi e i salvati”, è certamente da considerarsi  un capitolo fondamentale nella “Letteratura della Memoria”. La memoria di quanti sono morti di lavoro e di sevizie, dei superstiti e di chi rincasato, tentando di sopravvivere al dolore, ci ha donato le parole più belle per non dimenticare.”

[Articolo rielaborato da fonte originale:  Bet Magazine Mosaico – sito ufficiale della Comunità ebraica di Milano, 5 gennaio 2015]

Leonardo Sciascia: “Il cavaliere e la morte”, Adelphi

copertina-Sciascia

Il protagonista di questo romanzo che, pubblicato nel 1988, fa parte di quel genere giallo/poliziesco, forse atipico, di Sciascia (vedi anche “Una storia semplice”, ultimo libro dell’autore) è un commissario di polizia, il cui nome è semplicemente Vice: sostituto. Nella sua mente di fumatore incallito e molto malato, sembra svolgersi la storia che leggiamo: la storia di un biglietto minaccioso e misterioso scambiato fra due Potenti a un pranzo, scambio a cui fa subito seguito l’assassinio di uno dei due e l’indagine della polizia sull’altro, avviata con l’ansia di scagionarlo. Ma ciò che appare nella realtà da quel biglietto scambiato non è solo un delitto: una intera associazione eversiva, i figli dell’ottantanove, è forse nata in quel momento, e da allora non può che dilagare nella realtà, come un ultimo miraggio di sangue (pensiamo agli anni di piombo in Italia fino all’inizo del ’80) e anche come beffardo contributo alle celebrazioni per l’anniversario della Rivoluzione francese. Mentre l’azione si sviluppa, trasformandosi in un significativo apologo, il Vice tiene sempre nella mente l’incisione di Dürer intitolata Il cavaliere, la morte e il diavolo (in copertina), che lo ha accompagnato sulle pareti di tante stanze, nei suoi trasferimenti da un ufficio all’altro, come se quell’immagine rappresentasse il segreto di ciò che lui vede intorno. Solo che quelle vicende di attualità, ormai, sembrano superare i poteri del Diavolo. Forse perché a quel punto: «il Diavolo era talmente stanco da lasciar tutto agli uomini, che sapevano fare meglio di lui». La tragica fine del protagonista confermerà la sua tesi. Vi sono diversi elementi autobiografici in questo romanzo, non solo il tema della malattia ma la ricerca della verità e delle sue mistificazioni come nella citazione (da Karen Blixen) che precede il libro:
“Un vecchio vescovo danese, ricordo, mi disse una volta che ci sono molte vie per giungere alla verità, e che il Borgogna è una delle tante.”

Isaac Asimov: 2 gennaio 1920 – New York, 6 aprile 1992

Il 2 gennaio 2020 è stato il centenario della sua nascita. Grande e insuperabile maestro del genere Fantascenza. Le sue storie di robotica e intelligenza artificiale hanno profetizzato con grande precisione le conquiste attuali. Raccontate con il suo proverbiale velo di sottile ironia ci hanno fatto immaginare quello che oggi è praticamente possibile: I robot umanoidi, la connessione internet ultraveloce, le biotecnologie avanzate, i viaggi spaziali, la scoperta dei buchi neri e gli accessi spazio-temporali…
Qui potete scaricare e leggere un suo curioso e breve racconto del 1957 (da: The Complete Short Stories)
Inserire pomello A in foro B

David Quammen: “Spillover” – L’evoluzione delle pandemie, Adelphi, 2020

Un libro scritto nel 2012 che profetizza su basi scientifiche le future pandemie, compresa quella odierna del Covid-19, generate da virus zootici con la trasmissione animale-uomo. «Non vengono da un altro pianeta e non nascono dal nulla. I responsabili della prossima pandemia sono già tra noi, sono virus che oggi colpiscono gli animali ma che potrebbero da un momento all’altro fare un salto di specie – uno spillover in gergo tecnico – e colpire anche gli esseri umani …
Quammen ha seguito gli scienziati al lavoro nelle foreste congolesi, nelle fattorie australiane e nei mercati delle affollate città cinesi. L’autore ha intervistato testimoni, medici e sopravvissuti, ha investigato e raccontato con stile quasi da poliziesco la corsa alla comprensione dei meccanismi delle malattie, tra cui l’HIV, Sars, Ebola…”

Ernest Hemingway: “A day’s wait” (Un giorno d’attesa), 1933

Pubblicato nella raccolta di racconti brevi del 1933  Winner Take Nothing, (Il vincitore non prende nulla) è un ritratto del conflitto interiore e della paura di un ragazzino quando si ammala. La storia si focalizza sul ragazzo e suo padre che lo chiama “Schatz” (termine tedesco che significa “caro”). Quando il ragazzo si ammala d’influenza viene chiamato il dottore che gli prescrive tre medicine diverse e che riferisce al padre che la sua temperatura è di 102 gradi (Fahrenheith) …

Qui potete scaricare e leggere questo breve racconto (traduzione di Paolo Giovannetti)

Hemingway-un giorno di attesa